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Le parole dell’arcivescovo Corrado Lorefice nell’omelia per Biagio Conte. Si tengono questa mattina in Cattedrale, a Palermo, i funerali del missionario laico scomparso la scorsa settimana per un grave male. Il ritratto nel discorso dell’arcivescovo.

L’omelia di Corrado Lorefice per Biagio Conte

Fratel Biagio era laico cristiano, un mite potente lottatore“. Un breve e preciso ritratto di Biagio Conte, quello tracciato dall’arcivescovo Lorefice. Il missionario dei poveri è morto all’età di 59 anni e una grande folla ha deciso di rendergli omaggio nel giorno dei suoi funerali in Cattedrale.

La salma, in una bara di legno povero di colore chiaro, è stata deposta davanti all’altare. La circondano i volontari e gli ospiti della Missione di Speranza e Carità, la Comunità fondata da Fratel Biagio negli anni Novanta. Lottava, ricorda monsignor Lorefice, con l’arma del digiuno per tendere al massimo la sua “forza umile e non violenta“.

Un modo per esprimere il suo impegno, cominciato 30 anni fa, con la creazione della Missione che, nel tempo, è diventata una rete di solidarietà umana: in 10 comunità accoglie quasi 600 persone (ultimi, disperati, poveri e migranti).

L’unica eredità di cui Fratel Biagio si è appropriato – ha ricordato l’arcivescovo – è stata il dolore e la povertà dei fratelli. L’eredità che ci lascia è la ricchezza del suo esempio”. Corrado Lorefice ha poi fatto riferimento al percorso umano di Fratel Biagio, ispirato al messaggio di san Francesco: era ricco e non gli mancava nulla ma ha fatto una scelta di rinunce per dedicarsi al riscatto dei poveri. Erano loro, la pace e la giustizia le sue passioni.

Vedevamo in lui – ha detto ancora Lorefice – una certezza che vorremmo diventasse sempre nostra, di ogni uomo e di ogni donna di buona volontà. C’era una dolcezza nel suo essere che veniva da un Altrove, una vitalità che trovava le sue sorgenti in uno spazio inedito. Per questo fratel Biagio era vivo”.

Pieno di vita anche alla fine, sul letto che era diventato la sua croce. Sempre attento a ciò che succedeva nella città terrena, sempre in movimento. Anche alla fine, quando non poteva più muovere i piedi, le gambe, ma continuava a muovere il suo cuore, sul sentiero della vita”.

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