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Maltempo: Roma, cittadini su tetti caseQui di seguito la lettera di un giovane geologo disoccupato, amareggiato per le nuove alluvioni e per l’immobilismo della classe dirigente (31 gennaio 2014). 

È diventato difficile anche solo ricordarle tutte le alluvioni e le frane che hanno colpito l’Italia negli ultimi anni. Ormai a cadenza di poche settimane si ripetono le stesse scene, cambia solo la zona geografica. Eppure che il dissesto idrogeologico sia un’emergenza gravissima per il nostro paese i geologi lo dicono da decenni.

Le leggi in materia di difesa del suolo ci sono, approvate negli anni scorsi dopo aver pagato il prezzo di migliaia di vite umane (legge 183/1989 dopo la Valtellina, decreto Sarno nel 1998 dopo il disastro in Campania, ecc.). Eppure come spesso accade in Italia non è la loro mancanza il problema bensì la mancanza di una loro attuazione. Esistono i PAI, i Piani stralcio di Assetto Idrogeologico che individuano le aree a rischio e le misure da prendere per ridurlo. Però quasi niente viene fatto per metterli in pratica: restano belle parole chiuse in un cassetto. Ci sarebbe da continuare la mappatura del territorio, non conclusa, l’individuazione delle nuove zone di dissesto, bisognerebbe mettere in pratica quel piano di manutenzione del territorio che da anni geologi, associazione bonifiche e tanti altri continuano a ripetere essere urgentissimo.

Alluvione_Roma18Invece niente, e migliaia di tecnici, giovani laureati in materie geologiche che potrebbero fin da oggi esser messi all’opera per ridurre il problema del dissesto idrogeologico (per non parlare di quello sismico), ma anche tanti altri lavoratori con altre competenze, sono costretti a lasciare un paese che non li vuole, perché non c’è lavoro per loro. E sulle loro tesi, sui loro tirocini svolti sul tema del dissesto idrogeologico, sui mille esami sudati e passati dopo tanto lavoro sulla dinamica di distacco delle frane e sulle misure da prendere per bloccarle (solo per fare degli esempi), che li avevano resi pronti ad entrare in azione, si posa un velo di polvere. I loro curriculum giacciono in centinaia di caselle email di imprese e società geologiche che neanche hanno più il coraggio di rispondergli per dirgli “no”. Mentre i concorsi pubblici sono rari come le mosche bianche, e permettono l’entrata di pochissimi “fortunati”. È come se su quei lavori, quegli anni di studio da parte di migliaia di giovani, la classe dirigente del paese ci sputasse sopra. Una sconfitta enorme, che rende ancora più amare le scene di alluvioni e frane, di desolazione da parte di chi rimane senza niente, perché in Italia ci sono migliaia di giovani geologi pronti a lavorare per lottare contro questo cancro che è il dissesto idrogeologico. Un problema che si cura con la conoscenza del territorio, la mappatura delle problematiche sul campo, l’adozione di misure adeguate che solo chi ha studiato approfonditamente le complesse leggi fisiche può fare, alla faccia di chi dice che studiare non serve a niente. Perché le misure di difesa se fatte male possono anche aggravare i danni.

Alluvione_Roma04Una realtà amarissima che fa apparire assurde le voci scandalizzate di chi siede sulle poltrone più alte, e che proprio oggi spreca parole di scandalo perché “nelle Camere c’è confusione”. Mentre fuori, il paese affonda nel fango. E se affonda nel fango è anche perché per anni il Sistema si è basato sullo scambio fra voti e nuovi edifici, fra consenso elettorale e cemento. Come successoanche a Roma, dove negli ultimi vent’anni un vero e proprio sacco della città è stato compiuto, con edificazione di nuovi quartieri che hanno tappato ogni buco di ex campagna romana e cementando antichi alvei di fiumi.

Le colpe sono anche di quei ministri incompetenti che non hanno mai compreso l’importanza della ricerca scientifica, o del finanziamento ad opere come ad esempio il CARG, la mappatura geologica d’Italia, e che hanno tagliato fondi bloccando il settore per anni, svilendolo. E la colpa è di chi continua ad infischiarsene del problema, salvo poi piangere nei funerali di Stato o riempiendosi la bocca del “dobbiamo dare lavoro ai giovani”.  Tante cose ci sarebbero da dire, la realtà è sempre così complessa. Ma intanto fuori diluvia.

Lorenzo Pasqualini

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