Paesi e città

Mezzojuso, piccolo paese siciliano dalla storia straordinaria

Sicilia da scoprire: il paese di Mezzojuso.

  • Sul declivio orientale della Rocca Busambra c’è un paesino di origine greco-albanese, ricco di storia.
  • Siamo a soli 34 chilometri da Palermo, ma sembra di trovarsi in un mondo diverso.
  • La località è immersa nel verde del bosco di Ficuzza.

Conoscere la Sicilia significa conoscere la storia dei popoli che l’hanno abitata. La nostra Isola è un crocevia di culture che hanno saputo creare un mix unico di tradizioni. Una conferma di quanto abbiamo appena detto, si trova a Mezzojuso, che ha il nome di Munxifsi in albanese e Menzijusu, in provincia di Palermo. Questo paese di origine greco-albanese si trova sulla montagna Brinjia, circondato dal verde del bosco di Ficuzza. La sua storia più recente è legata alla colonizzazione degli esuli albanesi, arrivati in Sicilia nel XV secolo, ma la sua fondazione è molto più antica. I resti dell’antica Manzil Yusuf, toponimo arabo che sta per “villaggio” o “casale” di Giuseppe, sono stati rinvenuti sul Pizzo di Case, che custodisce anche resti di epoca greca e romana. Basta questa piccola introduzione per comprendere quanto questi luoghi abbiano da raccontare. Procedendo con la lettura, scoprirete tantissime curiosità.

La storia di Manzil Yusuf

Abbiamo già detto che in origine era il Villaggio di Giuseppe. Quel villaggio fu conquistato da Ruggero il Normanno, che scacciò i Saraceni e lo donò alla Chiesa di San Giovanni degli Eremiti di Palermo. Così l’originaria denominazione di Manzil Yusuf è diventata Mezzojuso. Si ritiene comunemente il paese debba il suo nome alla posizione che occupa sul declivio di un erto colle. Una buona metà del suo abitato dunque, rimane sotto la piazza che ne forma il centro. Nei documenti antichi è detta “Medium jussium, Mezo insum o Mezo iusus”. Omodei, nella sua descrizione della Sicilia, spiega che Mezzojuso è detta “quasi mezzo iuso”. Accanto al Pizzo di Case si eleva il Monte Morabito, avvolto dalla leggenda. Si dice, infatti, che dentro sia interamente vuoto, poiché pieno d’oro. Ad alimentare questa credenza popolare sarebbero stati i bagliori emessi dalla “grotta di cristallo”, che è ricca di cristalli di quarzo purissimi.

L’arrivo degli Albanesi

Gli albanesi arrivarono nel XV secolo: Mezzojuso fu fondata nel 1444 da milizie stradiote albanesi comandate da Demetrio Reres e spedite da Giorgio Castriota Scanderbeg in soccorso del re Alfonso V d’Aragona per la ribellione delle Calabrie e per le scorrerie degli Angioini pretendenti al trono di Napoli e Sicilia. Da li a poco, quando la penisola balcanica fu invasa dai turchi-ottomani, numerosi altri albanesi profughi dall’Albania raggiunsero il casale. La comunità di Mezzojuso, oggi, non parla più la lingua albanese, ma ha conservato diverse tradizioni orientali, che convivono con quelle latine. In tempi più antichi la differenza di culto fu motivo di incomprensioni e divisioni. Ognuna delle due comunità voleva che le sue chiese fossero più belle e le processioni meglio riuscite.

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Cosa vedere a Mezzojuso

La rivalità di sapore antico, ormai sopita, appare ancora arrivando nella piazza principale. Qui, l’una accanto all’altra, vi sono le due Madrici. Quella dell’Annunziata è di rito latino e sorse nel XVI secolo; quella di San Nicola, di rito greco, risale al XV secolo. Entrambe sono state più volte ampliate e ristrutturate. La chiesa di San Nicola custodisce preziose icone bizantine del XVI secolo, un crocifisso d’avorio su croce d’ebano nel XVII secolo e diverse statue lignee. La prima chiesa albanese di Messojuso, però, fu quella di Santa Maria delle Grazie, concessa agli esuli nel XV secolo. Qui vi sono affreschi di Olivio Sozzi e la più preziosa iconostasi della Sicilia. Annesso alla chiesa è il monastero Basiliano con una biblioteca contenente preziosi volumi. Proprio grazie al convento, il paese conquistò l’appellativo di “Atene delle colonie albanesi”.  Un altro monumento che merita attenzione è la Fontana Vecchia, con cinque mascheroni marmorei.

Fonte: Michele Russotto, “Itinerari” – Foto: Caterina La Gattuta

Redazione