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Se siete siciliani o siete stati in Sicilia almeno una volta nella vostra vita, avete sicuramente sentito dire l’espressione “Chi focu granni!”, probabilmente accompagnata da ampi gesti con braccia e mani.

Questo modo di dire è diffuso in tutta l’Isola, con piccole varianti da una provincia all’altra. Quello che non cambia è il significato.

L’espressione Chi focu ranni, cioè “Che fuoco grande!”, si usa in riferimento a una situazione molto complicata, difficile da gestire o risolvere.  Qualcuno avrà sentito dire anche “Ri unni vinni stu focu ranni?” (“Da dove è arrivato questo fuoco grande?”).

L’utilizzo dell’espressione “Chi focu ranni” ci ha permesso, ancora una volta, di approfondire insieme un argomento molto interessante: la lingua siciliana.

Il siciliano non è una lingua che deriva dall’italiano, ma – al pari di questo – direttamente dal latino volgare, e costituì la prima lingua letteraria italiana, già nella prima metà del XIII secolo, nell’ambito della Scuola siciliana.

Anche l’Unesco riconosce al siciliano lo status di lingua madre, motivo per cui i siciliani sono descritti come bilingui, e lo classifica tra le lingue europee “vulnerabili”.

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