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La visita del presidente iraniano Rohani in Italia pone al centro alcune questioni internazionali di prima importanza.

Terrorismo, petrolio, immigrazione: tanti argomenti, ma tutti probabilmente legati.

C’è chi dice da sempre in fondo che tutto nasce dal petrolio, dalla lotta per averne di più alla leadership, con la convinzione che a tutt’oggi chi decide il prezzo del petrolio decide anche i destini del mondo. In questo contesto si inserisce anche la “piccola” polemica italiana scatenata dallo sblocca-Italia e dalla possibilità che nel nostro Paese si possa trivellare per cercare nuovi pozzi petroliferi. Possibilità che il quesito referendario recentemente accolto dalla Consulta torna ora nelle decisioni dei cittadini.

L’Agenzia Giornalistica Repubblica, da sempre attenta al tema, ha pensato bene di interagire con i vari stakeholder interessati per avere, come si dice, il polso della situazione. E soprattutto vedere se effettivamente in Italia si può ancora fare seria ricerca petrolifera oppure no. In questo primo appuntamento rispondono alle nostre domande il Presidente di FederPetroli Michele Marsiglia, e il deputato del Pd nonché Presidente della XIV Commissione parlamentare delle Politiche Ue, Michele Bordo.

Il continuo calo del prezzo del petrolio, le tensioni internazionali, il nuovo ruolo dell’Iran: cosa dobbiamo attenderci nel prossimo futuro sul fronte energetico?

Marsiglia: “Anche se il greggio iraniano è un ottimo prodotto per le raffinerie italiane ed europee, per noi la situazione è ancora da osservare con la massima cautela. Sicuramente ci sarà maggior prodotto sul mercato visto la fine delle sanzioni all’Iran ma bisogna anche tenere in considerazione che la Repubblica iraniana è membra dell’Opec e quindi soggetta ad una politica di output in condivisione con l’Organizzazione viennese. Sicuramente la visita del Presidente iraniano Rohani in Italia, darà degli indicatori geopolitici che si potranno analizzare di riflesso sul mercato europeo dell’energia”.

Bordo: “Come era prevedibile, le tensioni internazionali, l’instabilità di alcune aree, il nuovo ruolo dell’Iran stanno condizionando molto i mercati. Il crollo dei listini e il pessimo andamento di Piazza Affari degli ultimi giorni ne sono un chiaro esempio. Il collasso del prezzo del petrolio, poi, potrebbe avere conseguenze disastrose su quelle economie che dipendono innanzitutto dal greggio. Per scongiurare queste difficoltà e ritrovare la fiducia diventa sempre più urgente lavorare per l’autonomia energetica, puntando, ad esempio, molto di più sulle fonti alternative, anche al fine di allentare la nostra dipendenza dal petrolio”.

La Strategia energetica nazionale è ormai arenata. Cosa si dovrebbe fare per riportarla in auge e/o ha ancora senso parlarne?

Marsiglia: “Per noi non esiste una Strategia Energetica Nazionale (S.E.N.) e dalla lontana bozza presentata dal Ministro Corrado Passera non si è mai riusciti a condividere una linea politica chiara e decisa. Uno stato che manca di Politica Energetica è privo di gran parte di sviluppo industriale, considerando che l’energia condiziona gran parte dell’industria e di tanti altri campi. Come FederPetroli Italia abbiamo sempre sponsorizzato una ridefinizione di Strategia Energetica Nazionale in condivisione con le politiche e la road-map dell’Unione Europea e dell’Energy Union. Il fabbisogno è quello di analizzare tutta la filiera del Mondo energetico del nostro Paese e di favorire una condivisione tra Stati, analizzando il ruolo strategico dell’Italia come punto focale del Mediterraneo. Importante è il ruolo che rivestono le importazioni di energia nel nostro Paese”.

Bordo: “Ha ancora senso parlarne ma serve una strategia globale condivisa. A tal proposito, la Cop21 di Parigi ha dato nuovo impulso all’adozione di politiche energetiche in grado di garantire uno sviluppo sostenibile. L’Italia può rivendicare un ruolo di leadership in tal senso: siamo primi al mondo per l’apporto del fotovoltaico al mix energetico, abbiamo ridotto del 23% le emissioni nocive e siamo tra i protagonisti della Green Economy. Con la legge di stabilità il governo ha messo in campo un piano di investimenti da 4 miliardi di euro, da qui al 2020, sul climate change. Certo, il livello di polveri sottili raggiunte dalle nostre città negli ultimi mesi non devono farci abbassare la guardia. L’utilizzo di fonti rinnovabili, l’efficienza energetica e il sostegno alla ricerca devono essere i principi cardine di una strategia che consenta di coniugare la tutela ambientale alla crescita sostenibile, aumentando la competitività del sistema Paese e costruendo un futuro migliore per i nostri figli".

Trivelle sì, trivelle no. Una polemica che sembra più politica che reale. Ma in Italia ci sono le possibilità per nuovi sfruttamenti?

Marsiglia: “Senza alcun dubbio è politica, ma come più volte FederPetroli Italia ha ribadito, siamo sempre stati contrari allo Sblocca Italia e potrà sembrare strano: favorevoli al Referendum. In Italia la presenza di idrocarburi Offshore ed Onshore è ormai certa e testimoniata dalle scoperte e da quei piccoli pozzi che oggi sono in produzione. Trovandoci in una terra bagnata dal mare, la presenza di Gas Metano nel bacino marino è indicatore fondamentale per le riserve di idrocarburi, Il problema non è solo da vedere in trivella si, trivella no, la problematica è ben più radicata in un mancato dialogo di “alcune società” dell’indotto con il territorio e con la Pubblica Amministrazione locale (Regioni, Provincie e Comuni). FederPetroli Italia ha fatto sempre del dialogo e confronto con la pubblica opinione un punto di forza fondamentale allo sviluppo industriale e alla compartecipazione delle Comunità locali nei Progetti petroliferi/energetici. Ovviamente Sblocca Italia ha voluto “con una prepotenza legislativa” emarginare le Regioni da qualsiasi tipo di opinione e coinvolgimento: il risultato e stato una stallo di parte di economia e imprenditorialità petrolifera e la nascita di slogan come Trivelle SI e Trivelle NO. Era inevitabile ma se anche un quesito referendario può contribuire ad un maggiore rispetto tra le parti, ben venga!”.

Bordo: “Al di là delle posizioni più o meno estremiste da una parte e dall'altra sono sempre stato convinto che un mare chiuso come l'Adriatico vada lasciato in pace. E' una grande risorsa ambientale e turistica da valorizzare e non da mettere in pericolo con l'estrazione di petrolio, peraltro di bassa qualità. L’ecosistema dell’Adriatico è talmente delicato che, una sua malaugurata alterazione, determinerebbe un danno ambientale enorme e un altrettanto rilevante danno economico alle comunità costiere che vivono principalmente di pesca e turismo. Per questo nei giorni scorsi ho chiesto al governo di ritirare le autorizzazioni per la ricerca del petrolio al largo delle Isole Tremiti”. 

W.G. – C.S.