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Chi era Pietro Scaglione: biografia e carriera del magistrato siciliano

Chi era Pietro Scaglione: biografia e carriera del magistrato ucciso dalla mafia. Dove è nato, l’attività in magistratura, quanti anni aveva quando è morto, come è avvenuto l’omicidio. Processi e condanne per la sua morte.

Pietro Scaglione

Pietro Scaglione nasce il 2 marzo 1906 a Lercara Friddi, in provincia di Palermo. Si laurea in Giurisprudenza nel capoluogo e, a 22 anni, entra in magistratura. Riceve la nomina di vice pretore onorario e, nel marzo del 1929, l’incarico della reggenza della Pretura di Collesano. Nel 1934 viene nominato pretore aggiunto e avviene il trasferimento alla Pretura Unificata di Palermo.

Il 1947 è l’anno in cui diviene Sostituto Procuratore alla Procura di Palermo: inizia così a occuparsi dei più importanti processi di mafia del periodo. È un momento difficile e segnato da avvenimenti come la strage di Portella della Ginestra del 1° maggio del 1947: a lui va l’incarico di seguire il processo per quei fatti di sangue.

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Dieci anni dopo, nel 1957, riceve la promozione a magistrato di Cassazione. Nella Suprema Corte ricopre funzioni di Consigliere per due anni. Subito dopo avviene il trasferimento alla Corte di appello di Palermo con funzioni di Presidente di Sezione. Diviene Procuratore della Repubblica di Palermo nel 1962. Sono gli anni del cosiddetto “sacco di Palermo” e della prima guerra di mafia

Il 12 dicembre dello stesso anno la Camera dei Deputati approva definitivamente la legge istitutiva della prima Commissione Antimafia (Legge 20 dicembre n. 1720). Gli inquirenti, tra le altre attività, intensificano anche quelle su diversi fatti avvenuti a Corleone, che coinvolgono Luciano Liggio e Michele Navarra.

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Anni Settanta

Sebbene vi siano in corso diversi procedimenti giudiziari, la guerra interna alla mafia e per la conquista del potere da parte dei corleonesi, non si ferma. Avviene il 10 dicembre del 1969 la cosiddetta “strage di viale Lazio“, a Palermo. Nel giugno del 1970 viene ferito in via Sciuti (zona residenziale del capoluogo) l’onorevole Angelo Nicosia, parlamentare missino e membro della Commissione Antimafia. La sera del 16 settembre 1970 scompare il giornalista Mauro de Mauro.

Nella notte di capodanno del 1971, cinque potenti cariche di tritolo sono collocate in diversi punti. Sono davanti le sedi del Comune, degli assessorati regionali al Lavoro, alla Salute e all’Agricoltura ed anche davanti all’Ente minerario siciliano. Non esplodono per il malfunzionamento dei meccanismi di accensione.

Omicidio di Pietro Scaglione

È la mattina del 5 maggio del 1971 quando Pietro Scaglione si trova al cimitero dei Cappuccini di Palermo, dove è solito recarsi, prima di andare in ufficio, per pregare sulla tomba della moglie. Intorno alle ore 11, il magistrato sta facendo ritorno in Procura, a bordo di una Fiat guidata dall’agente di custodia Antonino Lorusso.

Un’altra auto blocca la Fiat verso il muro. Alcune persone aprono il fuoco e i proiettili colpiscono più volte Scaglione e Lo Russo. Polizia e Carabinieri sopraggiungono quanto entrambi sono in fin di vita. Giungono entrambi morti in ospedale. Scaglione muore a 65 anni.

L’assemblea plenaria del Consiglio Superiore dell’11 maggio 1971, alla presenza del Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat, approva un ordine del giorno in cui “esprime il suo sdegno per il delitto senza precedenti di cui sono state vittime il Procuratore della Repubblica di Palermo Pietro Scaglione e l’agente di custodia Antonio Lo Russo […]”. Nel giugno del 2022 un decreto del Presidente della Repubblica conferisce alla memoria di Pietro Scaglione e dell’agente Antonino Lorusso la medaglia d’oro al merito civile.

Indagini, processo, condanne

Partono immediatamente le indagini da parte della Questura e dell’Arma dei Carabinieri. Nel 1971, il rapporto dei responsabili di pubblica sicurezza – tra cui il vice questore Giorgio Boris Giuliano – riguardo ai fatti avvenuti a Palermo sul finire degli anni 70, con riferimento all’omicidio del Procuratore Scaglione (ed alla scomparsa del giornalista Mauro De Mauro), riportano:

Fatti, questi, che non hanno precedenti nelle manifestazioni criminose dell’isola perché appaiono talmente aberranti da far ritenere o che si agitino o si occultino a monte degli esecutori materiali grossissimi interessi ai quali non sarebbero estranei ambienti e personaggi legati al mondo politico ed economico-finanziario e che in forma più o meno occulta, hanno fatto ricorso, dal dopoguerra in poi, a sodalizi di mafia per conseguire iniziali affermazioni nei più svariati settori”.

Le dichiarazioni di Tommaso Buscetta

L’istruttoria ed il giudizio per l’omicidio di Scaglione e Lo Russo vengono rimessi dalla Corte di Cassazione al Tribunale di Genova. Nel luglio 1984 Tommaso Buscetta inizia a collaborare con i magistrati. Davanti al giudice Giovanni Falcone, dichiara: “Per quanto concerne, infine, l’omicidio di Pietro Scaglione ho sentito dire che gli autori sono stati Luciano Liggio, Salvatore Riina ed un terzo a me sconosciuto”.

Alla domanda di Falcone in merito al potenziale collegamento tra l’omicidio del Procuratore Scaglione ed il rapimento del giornalista De Mauro, il 6 agosto 1984 Buscetta risponde: “Nulla ho mai saputo circa gli autori ed i moventi della sparizione del giornalista Mauro De Mauro. Negli ambienti mafiosi anche i più qualificati tutti mostravano di non saperne nulla ed era comune convinzione che la mafia non c’entrasse nulla […] Poiché la S.V. e ne fa richiesta escludo recisamente che nel nostro ambiente sia stata mai accomunata la sparizione di De Mauro con l’omicidio Scaglione”.

Dopo oltre venti anni dall’omicidio di Pietro Scaglione, il Giudice istruttore presso il Tribunale di Genova, conformandosi alla richiesta del Pubblico Ministero, con sentenza-ordinanza del 16 gennaio 1991, dichiara non doversi procedere nei confronti degli imputati (tra i quali Gerlando Alberti, Giuseppe Calò, Luciano Leggio e Totò Riina).

A cinquant’anni di distanza dall’omicidio del Procuratore della Repubblica di Palermo Pietro Scaglione e dell’agente di custodia Antonino Lorusso, autori e mandanti di quei delitti non hanno ancora un nome.

Redazione