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Quanti di voi sanno che, insieme a Sant’Agata, la città di Catania ha anche un compatrono? Quel compatrono è Sant’Euplio, martire vissuto all’epoca di Diocleziano. Riguardo la sua vita non ci sono moltissime notizie. Pensate che anche la grafia del nome rimane controversa, tra Euplio o Euplo.

Secondo gli antichi testi e le cronache successive al martirio, era un giovane appartenente a una famiglia benestante, innamorato dei Vangeli. I testi sacri erano proibiti in seguito a un Editto e, per questo motivo, fu condotto davanti al governatore della Sicilia, Calvisiano, e messo sotto processo.

Nell’aprile del 304 d.C. fu imprigionato e torturato. Poiché non volle rinnegare la sua fede, venne decapitato il 12 agosto, all’età di 29 anni, 53 anni dopo il martirio di Agata. Leggenda vuole che la pietra sulla quale venne decapitato, oggi perduta, fosse conservata nella chiesa di Santa Barbara, che sorgeva su via di San Giuliano.

La testa venne gettata nel cosiddetto “pozzo Ugulino”, in seguito diventato “pozzo Mulino”, nome che indica una delle vie del centro di Catania. Molte città, intorno all’anno Mille, inviarono a Roma le reliquie dei loro santi, perché temevano potessero essere rubate.

Si narra che un soldato portò via le reliquie di Sant’Euplio ma queste, giunte a Trevico (Avellino), divennero talmente pesanti da non poter più essere spostate. Oggi quelle reliquie vengono venerate nella Cattedrale di Trevico. La perduta chiesa di Sant’Euplio sorgeva a Catania al numero 29 dell’omonima via, sopra la cripta che, secondo tradizione, fu il luogo dove venne tenuto prigioniero.

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