“Pochi posti in Europa possono rivaleggiare con Solunto per bellezza di panorama, e questa circostanza accresce il merito delle rovine stesse di questa Pompei palermitana“. Queste parole di Antonino Salinas sono una perfetta introduzione per il nostro viaggio alla scoperta di uno dei siti archeologici più suggestivi e spettacolari della Sicilia. Qui si incrociano secoli di storia e mito, circondati da un paesaggio che lascia senza fiato. Ci troviamo a una ventina di chilometri da Palermo, sulle pendici del Monte Catalfano, di fronte Capo Zafferano.
Secondo Tucidide, Solunto era, insieme a Panormus e a Motya, una delle tre città fenicie della Sicilia. Le sue origini affondano nel mito. Il nome greco, riportato da Ecateo di Mileto, deriverebbe da quello di un brigante, “Solus”, ucciso addirittura da Eracle. Il nome fenicio conosciuto dalle monete (Kfr = Kafara), significa “villaggio”, mentre lo stesso nome greco (Solus, corrispondente al latino Soluntum) potrebbe essere d’origine semitica (selaim, “rupi”) o greca arcaica (“roccia ferrosa”). Questa prima introduzione ci fornisce già un’interessante premessa per conoscere meglio Solunto.
Le notizie più antiche le dobbiamo a Tucidide, secondo il quale questo tratto di promontorio sarebbe stato occupato dai Fenici al momento della prima colonizzazione greca. La città fu conquistata da Dioniso I di Siracusa durante la guerra contro i Cartaginesi e probabilmente il centro abitato fu saccheggiato e distrutto. La cittadina venne interamente ricostruita sul Monte Catalfano e vi si insediarono alcuni mercenari greci. Vi è un importante nucleo ellenico nella città, riconoscibile grazie alle decorazioni, le costruzioni e la presenza di iscrizioni in greco. Passò poi sotto il dominio dei Romani, nel 254 a.C., nel corso della Prima Guerra punica. I ritrovamenti archeologici fanno pensare che il centro di Solunto fosse già in decadenza nel I secolo d.C. e che sia stato abbandonato completamente poco più tardi.
Solunto occupa il pianoro del Monte Catalfano. La superficie originaria doveva essere di circa 18 ettari: era suddivisa regolarmente – secondo i dettami urbanistici di Ippodamo da Mileto – da una serie di strade, intersecate da assi minori perpendicolari. Questi, essendo disposti perpendicolarmente alla pendenza, sono perlopiù costituiti da scalinate. Ne risultano isolati rettangolari, a loro volta suddivisi a metà da uno stretto ambitus, destinato a drenare gli scoli. Non esistevano fogne. La disposizione delle abitazioni riflette diversi livelli sociali. L’impianto sembra essere sostanzialmente quello originario, della metà del IV secolo a.C., anche se naturalmente si notano numerosi rifacimenti d’età tardoellenistica e romana.
Foto: Allie_Caulfield – CC BY 2.0