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Storia del Kemonia, il Fiume d’Oriente.

  • La storia di Palermo è indissolubilmente legata a due fiumi di cui oggi rimane poco o niente.
  • I due fiumi abbracciavano la città ma, a causa di diverse vicissitudini, il loro destino è cambiato inesorabilmente.
  • Ecco la storia del fiume del mal tempo.

Le origini della città di Palermo affondano le radici in un lontanissimo passato. Il sito del primo impianto, quasi sicuramente si trovava nel luogo in cui sorsero i primi gruppi di abitazioni che occupavano lo sperone roccioso in cui oggi si trova il Palazzo dei Normanni, proseguendo verso nord, dove oggi c’è la Curia Arcivescovile. Ai lati di quell’elevazione scorrevano due fiumi: il Kemonia e il Papireto. Tra i due, oggi vogliamo parlarvi del Kemonia, chiamato anche “fiume del mal tempo“: un corso d’acqua a carattere torrentizio che, in più di una occasione, causò gravi problemi alluvionali, proprio in concomitanza di abbondanti piogge. Il suo corso, col passare dei secoli, venne deviato e costretto nel sottosuolo.

In origine, il suo corso superficiale scorreva attraverso l’attuale rione del mercato di Ballarò. Proprio qui, in piazzetta Ponticello, si può ancora osservare un piccolo ponte che ne consentiva l’attraversamento e, nello stesso luogo, è stata rinvenuta una bitta per l’attracco dei battelli. Il corso originale è identificabile, in parte, nell’odierna via Porta dei Castro. Entrambi i fiumi erano navigabili. Di fatto consentivano alle imbarcazioni di raggiungere rapidamente la Cattedrale e la zona del centro storico tramite porti e cantieri navali.

Il Kemonia sgorgava dalla Fossa della Garofala, dov’è oggi Villa d’Orlèans, ma contava anche sulle sorgive pedemontane alle pendici di Monte Caputo. Era chiamato anche “fiume del maltempo“: questo nome gli venne dato, come è facile immaginare, a causa della sua natura torrentizia. Nonostante non avesse una grande portata dal punto di vista idrografico, ne ha fatte passare tante ai palermitani. Molte le alluvioni che l’hanno reso protagonista in modo negativo. La prima è documentata al tempo degli arabi, l’ultima è del 1931 e in tutte non sono mancate vittime. Per i latini era il Flumenhiemalis, per altri il torrente d’inverno. Scorre ancora, ma sotto le balate, incanalato in due condotti. Proprio a causa delle violente esondazioni, infatti, fu prima deviato nell’Oreto, poi incanalato direttamente a mare, tramite una galleria sotterranea. Il Papireto, invece, venne incanalato sottoterra e condotto fino alla Cala.

Fonti: Claudio Alessandri, “La città di Palermo” e Le Vie dei Tesori.

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