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Una nuova ricerca rivela: le aziende italiane stanno guardando sempre più con interesse agli “hub di lavoro” al Sud, cioè spazi di co-working o veri uffici con team aziendali dislocati in aree lontane dalle grandi città del Centro-Nord. È il fenomeno del “south working“.

South working per il rilancio del Sud Italia

L’introduzione dello smart working ha cambiato lo scenario lavorativo in tutta Italia: il 77% delle aziende lo ha adottato e il 46% è disponibile a progetti di “remote working” dai 2 ai 5 giorni settimanali. Così l’opportunità del south working sta diventando, sempre di più, uno strumento importante per lo sviluppo del Paese.

Secondo la ricerca “South working per lo sviluppo responsabile e sostenibile del Paese” di Ranstad e Fondazione per la Sussidiarietà (FPS), le aziende guardano sempre più al Sud per i loro “hub di lavoro“. Il 61% sarebbe disposto ad aprire, soprattutto per contribuire alla crescita; il 48% lo farebbe per accedere a figure professionali difficili da reperire e il 35,5% per ridurre i costi. Il 61% delle aziende, inoltre, ritiene che l’hub possa essere gestito come una vera “filiale”.

Randstad sottolinea che il soutworking può essere una modalità di rilancio per il Sud Italia, che andrà incontro a un calo della popolazione superiore alla tendenza nazionale. Si stima, infatti, che entro il 2030 gli abitanti tra i 20 e i 64 anni si ridurranno dell’11%. Un andamento che è legato non solo a fattori demografici, ma anche a flussi migratori interni, legati alla ricerca di lavoro qualificato.

Le offerte di lavoro

I ricercatori hanno preso in esame quasi 1 milione e mezzo di offerte di lavoro pubblicate sui principali siti di ricerca online, tra il 2019 e il 2021. Le offerte al Sud sono state solo l’8% del totale, mentre il 78% dei posti di lavoro sono concentrati nel Nord e il 4% al Centro. Per questo motivo le modalità come lo smart working possono diventare fondamentali per il Sud dell’Italia.

“La creazione di un hub di lavoro può davvero essere il volano per il south working, potendo reclutare competenze altrimenti non accessibili, garantire il bilanciamento vita-lavoro alle persone e sostenere di un indotto locale. Ma i presupposti fondamentali per esperienze di south working di successo sono la creazione di un’adeguata infrastruttura digitale, spazi adeguati e uno sforzo multilaterale tra aziende, agenzie per il lavoro, Comuni di riferimento e atenei universitari”, spiega Marco Ceresa, group CEO di Randstad.

“Lo smart working e la creazione di hub nel Sud sono una occasione straordinaria per favorire la crescita del Paese e abbattere storiche diseguaglianze”, aggiunge Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà.

“Molti lavoratori qualificati del Mezzogiorno potrebbero così mantenere un legame con il proprio territorio, senza rinunciare a preziose opportunità. È una strada che potrebbe coinvolgere anche la pubblica amministrazione. Un percorso sussidiario che parte dal basso e potrebbe davvero cambiare il mondo del lavoro e dare un nuovo impulso all’iniziativa imprenditoriale al Sud”, ha aggiunto Vittadini.

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