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Miriana Trevisan replica alle minacce di querela di Barbara D’Urso nell’ultima puntata di Domenica Live (leggi qui il caso). Sul suo blog la showgirl ha pubblicato un post intitolato "Caro Piersilvio, lascia lì Barbara D’Urso (e qualcuno insegni alla Henger a leggere prima di lottare nel fango)", in cui ha spiegato come l'eventuale azione legale sarebbe infondata.

La Trevisan sottolinea come già nel 2015 aveva smentito il falso virgolettato che le aveva attribuito un giornale, riportato poi dalla D’Urso come eventuale base per la querela. L'ex di "Non è la Rai" aveva parlato genericamente di raccomandazioni così come di altri episodi che favorivano le carriere televisive, senza riferirsi a nessuno in particolare. Anche la sua affermazione sulla volontà di prendere il posto di Barbara D’Urso era goliardica: 

"Barbara D’Urso ha il potere di parlare ogni giorno a milioni di persone ma io, dal mio piccolo blog e attraverso i miei canali, ho la fortuna di poter parlare con le carte in mano e le fonti esatte, quelle che forse Barbara (a cui comunque rinnovo la mia stima anche se si è fatta prendere dal gusto della polemica senza informarsi) avrebbe dovuto leggere piuttosto che fidarsi delle interpretazioni strabiche della Henger di turno. Ora vi svelo un segreto: in un mio post del 26 marzo 2015 (2015!) che trovate comodamente qui contestavo l’intervista falsa pubblicata da Leggo nel modo più trasparente possibile: pubblicando l’audio di quell’intervista (che forse vale qualcosa in più degli starnazzamenti della Henger). E così la polemica della settimana si scioglie come neve al sole, come si sciolgono i suoi protagonisti".

Miriana Trevisan ha poi rimarcato di aver già risposto a Eva Henger, che l’ha accusata di aver inventato le molestie sessuali fatte dal marito produttore Massimiliano Caroletti: "Ora sono sicura che con la stessa veemenza nella prossima puntata Barbara userà la sua platea per dire la verità. Vero?Io, se permettete, intanto preferisco occuparmi delle decine di mail di donne molestate e disperate. Quelle che non vanno in televisione ma che sono invisibili nella loro sofferenza".