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Sempre più spesso le sentenze della Suprema Corte riguardano vicende legate all'utilizzo dei social network, proprio come come quella relativa a un caso avvenuto a Catania. Mandare messaggi minatori e insulti tramite Facebook, sotto falsa identità, può secondo i giudici essere considerato uno degli atti persecutori nei quali si manifesta l'azione dello stalker quando è accompagnato anche dagli atteggiamenti più "classici" di questo reato, come pedinamenti e appostamenti sotto casa delle vittime. Usare i social, oltre ai tradizionali mezzi di stalking, non commette il meno grave reato di diffamazione, poiché anche questa azione può rientrare nella strategia persecutoria e concorre a far scattare misure di prevenzione.

La Cassazione, con la sentenza 21407, ha confermato il divieto di avvicinamento agli ex suoceri nei confronti di Corrado M., 42 anni, che non sopportava che ai genitori della ex fossero stati affidati due dei suoi quattro figli, in seguito a una burrascosa separazione. Il 42enne, da settembre 2014 a giugno 2015, aveva ingiuriato e denigrato gli ex suoceri, minacciandoli anche di morte, "anche attraverso Facebook, li aveva seguiti negli spostamenti, limitando la loro vita di relazione e ingenerando un grave stato di ansia, nonché il fondato timore per la loro stessa incolumità, tanto che i due coniugi evitavano di uscire di casa per paura di incontrarlo".