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Giovanni Verga: siciliano, scrittore, drammaturgo, senatore e maggiore esponente della corrente letteraria del Verismo. Il 27 gennaio si celebra l’anniversario della sua morte, avvenuta nel 1922 a Catania. Oltre all’aver prodotto alcune delle opere più importanti della letteratura italiana, ha anche coltivato tante passioni, come quella per la fotografia.

Chi era Giovanni Verga

Di nobili natali, Verga visse in un ambiente di tradizioni liberali. Studiò giurisprudenza nella sua città, Catania (dove era nato nel 1840), e subito si interessò alla letteratura. Da studente scrisse i suoi primi racconti. Entrato in contatto con alcuni intellettuali fiorentini, nel 1861 si trasferì a Firenze, dove rimase fino al 1871, anno in cui partì per Milano.

La ricerca espressiva di Giovanni Verga fu davvero unica e senza precedenti. Si sviluppò appieno durante il soggiorno milanese, quando entrò in contatto con esponenti della scapigliatura. Non prese, tuttavia, gli elementi macabri e fantastici della scuola milanese. Attinse, invece, agli elementi linguistici che includono cadenze del parlato e lemmi dialettali.

Anche la letteratura francese influenzò profondamente l’opera di Verga. In particolare il Verismo mise per la prima volta il letterato a contatto con la realtà in ogni sua forma, incluse quelle più dure e sgradevoli. L’intenzione era creare un tramite tra quotidianità e letteratura. L’opera si sarebbe quasi “fatta da sé”, senza tracce del suo autore.

Le opere più famose e il Ciclo dei Vinti

Attento osservatore della società, Verga ne colse il cambio degli assetti e le influenze apportate dalle modifiche economiche e industriali. Lo fece guardando “dal basso” e considerando anzitutto i deboli. L’uscita dei Malavoglia è datata 1881. Considerato un capolavoro dello scrittore, narra le vicende di una famiglia di pescatori siciliani, con sfortunati tentativi di riscatto sociale.

Cavalleria Rusticana, altro grande classico, è datato 1884. Racconta di faide e vendette ed è ancora ambientato in Sicilia. Nel 1896 esce La Lupa: una cruda storia d’amore che vede protagonista una delle più singolari e fosche protagoniste femminili della letteratura italiana. Difficile riassumere la sua grande e importante produzione. Non mancarono, inoltre, periodi di crisi, legati all’impossibilità di portare a termine come avrebbe voluto il suo “Ciclo dei Vinti”.

Il Ciclo dei Vinti è l’insieme dei romanzi di cui avrebbe dovuto comporsi un impegnativo progetto letterario dello scrittore siciliano. Nelle intenzioni di Giovanni Verga, avrebbero dovuto essere cinque romanzi, a definizione tematica:

  1. I Malavoglia: rappresenta la lotta per la sopravvivenza;
  2. Mastro-don Gesualdo: rappresenta l’ambizione di scalare la gerarchia sociale;
  3. La Duchessa di Leyra: rappresenta l’ambizione aristocratica;
  4. L’onorevole Scipioni: rappresenta l’ambizione politica;
  5. L’uomo di lusso: rappresenta l’ambizione artistica.

Dopo aver lasciato a metà “La Duchessa di Leyra”, non proseguì oltre. Gli ultimi due non videro mai la luce. Una sorta di operazione analoga – su una tematica leggermente diversa – verrà compiuta  nel Novecento, negli Stati Uniti, dallo scrittore statunitense Erskine Caldwell con il suo “Ciclo del Sud”.

Giovanni Verga e il cinema

Non tutti lo sanno, ma Giovanni Verga ebbe anche un rapporto intenso con il cinema. Scrisse soggetti, elaborò didascalie ed idee. Lo scrittore, però, considerava il cinema arte di secondo piano, espressione di lega bassa. Vedeva nel grande schermo solamente una fonte di rapido e facile guadagno.

Sono celebri sono le lettere indirizzate al produttore e regista Nino Martoglio. Verga, sempre a corto di denaro, chiedeva di scrivere una storia qualsiasi a patto che il suo nome non comparisse mai. Per questo che non è facile rintracciare il suo diretto coinvolgimento in un’opera.

É molto facile, invece, rintracciare nel cinema italiano l’ispirazione derivata dalle opere di Verga. Luchino Visconti gira “La terra trema” (1948), capolavoro  del neorealismo, ispirandosi a “I Malavoglia”. Ambientato tra i pescatori siciliani, viene girato con attori non professionisti. Si esprimono in uno strettissimo dialetto, tanto da costringere la produzione a far uscire copie del film doppiate.

Nel 1953 Alberto Lattuada gira “La Lupa” trasportando l’azione dalla Sicilia del secolo scorso, a Matera negli anni cinquanta. Franco Zeffirelli si ispira a “Storia di una capinera” per l’omonimo film del 1994. L’ultimo adattamento verghiano è del 1996, una nuova versione de “La Lupa” diretta da Gabriele Lavia.

Verga fotografo

Giovanni Verga nacque un anno dopo l’invenzione della fotografia. Già a 9 anni Verga vedeva lo zio scattare foto e da giovanissimo si serviva di uno dei più rudimentali prototipi di macchina per le sue prime esperienze. Altri modelli di macchine fotografiche furono visti da Verga nei suoi soggiorni a Milano e Firenze. Fu influenzato dal suo amico e scrittore Luigi Capuana, che già dal 1863, si era avvicinato alla fotografia. La prima foto di cui Verga fu autore è datata 1878.

Nel 1966, nell’abitazione di Catania di Giovanni Verga, furono ritrovati in un vecchio armadio più di 400 negativi fotografici. Ci sono soggetti come la famiglia e i colleghi, ma anche autoritratti. Protagonisti sono anche gli ambienti siciliano e del Nord. Purtroppo gran parte della sua produzione sarebbe andata perduta. I negativi, infatti, erano corredati di molte note aggiuntive (soggetti, luoghi e date). Di alcuni anni non si hanno foto, quindi si crede che manchino delle fotografie alla produzione dello scrittore.

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