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  • La chiesa di San Giorgio di Ragusa custodisce i preziosi frammenti di antichi fasti.
  • L’opera doveva essere bellissima: un retablo in diciotto nicchie per ricoprire interamente l’abside dell’antica chiesa.
  • Le cronache del tempo registrano una diatriba per la sua collocazione.

Esistono opere d’arte che, pur non essendo arrivate a noi nella loro interezza, riescono comunque a raccontare il loro splendore. Quelle opere, un tempo, hanno rappresentato grande motivo di vanto: oggi lo sono ancora, seppure in maniera differente, e grazie alle cronache del tempo possiamo comprendere il loro valore. La Cona di San Giorgio di Ragusa ne è un esempio. La storia di questa città è ben nota. Il terremoto del 1693 ne segnò una seconda vita, sotto il segno del barocco. Seppe rinascere dalle macerie, più bella di prima. La parte di Ragusa superiore con le sue chiese, le rocche, i passaggi che salgono in verticale. E poi Ibla (in siciliano “lusu”, ovvero quello che giace sotto), un miraggio di luci e di ombre, con la piazza centrale che è un salotto a cielo aperto dove il tempo sembra essersi fermato. Qui si susseguono cortili segreti, dimore aristocratiche, chiese spettacolari. E c’è anche un antico circolo di conversazione riservato solo agli aristocratici. Ma torniamo alla Cona (o ancona o icona) monumentale.

La storia della Cona

Attualmente la Cona di San Giorgio si trova custodita all’interno della sacrestia del Duomo e rappresenta ciò che rimane dell’opera intera. Questa doveva essere molto più grande, ma fu distrutta in parte dal terremoto del 1693. Il 17 agosto del 1573 i procuratori della chiesa madre di San Giorgio commissionano ad Antonino Gagini, figlio del celebre scultore palermitano, una “cona” in pietra che sarebbe stata pagata tramite gli introiti da una gabella civica. Doveva essere bellissima: un retablo in diciotto nicchie per ricoprire interamente l’abside dell’antica chiesa gotica con una sequenza di statue di santi in posa eroica e con armature cinquecentesche, che contornavano il San Giorgio con il drago al centro, in posa scenografica. Le cronache del tempo registrano una diatriba per la sua collocazione.

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