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La Fornace Penna di Scicli rappresenta oggi un interessante rudere di archeologia industriale. Conosciuta come la “Mannara” del telefilm Il Commissario Montalbano, rappresenta uno degli esempi più affascinanti del suo genere in Sicilia. La sua storia è stata non poco travagliata e, per certi aspetti, possiamo dire che lo sia ancora oggi. Nacque per volontà del barone Guglielmo Penna che, insieme ad alcuni nobili della famiglia e all’ingegnere Emmolo, volle costruire la sua industria di laterizi in contrada Pisciotto, a due passi dal mare.

Più che a una fabbrica di mattoni, la Fornace Penna somiglia a una cattedrale: il critico d’arte Vittorio Sgarbi, a tal proposito, la definì una “basilica laica in riva al mare”. Quando fu costruita, era una delle fabbriche più avanzate del tempo. Dava lavoro a cento operai e le sue tegole e mattoni contribuirono alla ricostruzione di Tripoli dopo la guerra in Libia. Durante la prima guerra mondiale dovette interrompere la produzione, fino al 1919.

A segnare il destino della Fornace Penna fu l’incendio che la distrusse nel 1924. Non ci sono dubbi sul fatto che fu di natura dolosa: divampò a gennaio, quando era chiusa, e ogni tentativo di spegnerlo fu vano. Rimasero soltanto le mura in pietra. Da allora, la struttura rimase lì, a due passi dalla spiaggia di Sampieri.

In tante occasioni l’abbiamo vista negli episodi  del Commissario Montalbano, suggestivo e un po’ lugubre scenario di delitti e fatti poco chiari. Questo ha indubbiamente contribuito ad aumentare il suo fascino che l’ha resa meta di tantissimi turisti e curiosi.

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