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I boss dicevano di “voler fare la pelliccia” a un commerciante di frutta. La famiglia mafiosa di Marsala aveva in programma almeno due omicidi, più l’organizzazione di una spedizione armata in autostrada. È quanto scritto nel decreto di fermo a carico dei 14 fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro, arrestati la notte scorsa (qui i nomi e le foto). In quelle carte c’è traccia di affari, gerarchie e attriti nella decina di Petrosino-Strasatti, un’appendice territoriale della cosca di Marsala, come riporta il quotidiano “Repubblica”..

“Gli volevano fare la pelliccia”, dice il 23 aprile 2015 il 26enne Alessandro D’Aguanno al padre Vincenzo, entrambi fermati ieri notte. Parlano del piano per eliminare un commerciante di frutta. “Le ultime battute del dialogo tra padre e figlio ribadivano ulteriormente che era Vincenzo Rallo (un altro dei fermati, ndr) titolare del potere decisionale e che gli esecutori materiali designati a portare a termine l’omicidio erano u picuraru, quello mezzo handicappato e u picuraru l’altro”, si legge nel decreto di fermo. Il piano sfuma per la sbadataggine di uno dei killer che, ubriaco al night, si fa sfuggire qualche parola di troppo. Fino a far avvertire la vittima.

Un’altra esecuzione era fissata il 23 maggio 2015. Ne parlano Vincenzo D’Aguanno e Michele Lombardo, intercettati. Il linguaggio è inequivocabile: “Compà, ti raccomando, questo è un omicidio”. D’Aguanno e Lombardo avrebbero potuto contare sull’aiuto di Andrea Alagna, anche lui tra i fermati, e di due complici palermitani. Il 23 maggio i carabinieri eseguono una doppia perquisizione a Palermo e a Mazara Del Vallo: non trovano armi ma D’Aguanno, intercettato col figlio, si assicura che Alessandro si sia liberato di “qualcosa”. L’irrefrenabile passione per le armi emerge con tutta evidenza dalle intercettazioni: due settimane dopo il controllo dei carabinieri, D’Aguanno e Lombardo tornano a parlare di “fucili nascosti nei tubi”.

Ancora prima, il 12 dicembre 2014, D’Aguanno e compagni dovevano schierare un gruppo d’assalto per una spedizione in autostrada. Una colonna di macchine avrebbe dovuto bloccare l’auto della vittima, probabilmente un soggetto che minacciava il cognato di D’Aguanno e pretendeva da lui 300mila euro. Doveva essere un vero e proprio “abboccamento”, un appuntamento-trappola sull’autostrada per attirare l’interessato e dargli una lezione.