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“La morte di Totò Riina non cambia nulla”. A dirlo è Nicola Gratteri, uno dei magistrati più importanti in forza alla della DDA, il pool che compone la procura distrettuale antimafia. Impegnato in prima linea contro la ‘Ndrangheta, Gratteri vive sotto scorta dall’aprile del 1989. E dice: “È stato importante che Riina non sia stato mandato ai domiciliari perché il senso del 41bis è impedire che il detenuto mandi messaggi di morte all’esterno. Riina era importante per Cosa Nostra se non altro perché non era diventato collaboratore di giustizia, il che lo faceva apparire ai suoi come un soggetto che meritava rispetto per cui ogni suo desiderio venisse esaudito“.

Gratteri aggiunge: “Da morto non penso che Cosa Nostra aspettasse la morte di Riina per ripartire. Normalmente, quando un capo mafia è detenuto, l’amministrazione criminale viene gestita da un delegato o un successore. Siamo realisti, non c’è mai stato un vuoto”. E per chi ha festeggiato la morte di Riina? “Penso sia sbagliato festeggiare. In particolare noi tecnici dobbiamo restare asettici e freddi perché se no perdiamo lucidità e siamo meno efficaci nel nostro lavoro. E poi io non guardo tutto questo come una lotta tra parti, io voglio che attraverso un giusto processo e l’osservanza ortodossa delle regole, si arrivi a sgominare le mafie e poi voglio che gli affiliati stiano in carcere il tempo proporzionato al fatto commesso e alla loro pericolosità“.