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Rosario Riccobono, chi era il palermitano soprannominato “il terrorista“. Biografia: dove è nato, quando e come è morto, cosa ha fatto. L’attività a Partanna-Mondello, il ruolo nella “Commissione”, le notizie di cronaca.

Rosario Riccobono

Rosario Riccobono nasce a Palermo, il 10 febbraio del 1929. Secondo quanto ricostruito da indagini e approfondimenti, sarebbe stato inizialmente il capo della cosca mafiosa di Partanna-Mondello, nel capoluogo siciliano. Sarebbe stato altresì implicato nel traffico di eroina nel corso degli anni Settanta. Divenne latitante alla fine di quel decennio, dopo i sospetti su un suo coinvolgimento nella conduzione di un’operazione per contrabbandare droga dalla Thailandia, attraverso la Sicilia e verso gli Stati Uniti.

Seconda guerra di mafia

Facendo un passo indietro e tornando al 1969, Riccobono sarebbe entrato in quell’anno a fare parte della cosiddetta “Commissione”, come capo del mandamento di Partanna-Mondello, comprendente le cosche di San Lorenzo, Acquasanta e Partanna-Mondello (tutte zone periferiche di Palermo). In un primo momento, sarebbe stato al fianco di nomi come Stefano Bontate, Salvatore Inzerillo e Gaetano Badalamenti, per contrastare l’ascesa di Totò Riina e dei Corleonesi. Avrebbe tentato di mantenersi neutrale, ma sarebbe stato sempre più isolato.

Nel corso della seconda guerra di mafia, scoppiata nel 1981 con gli assassini di Bontate e Inzerillo, Riccobono si sarebbe schierato con i Corleonesi e avrebbe attirato alcuni “nemici” in agguati mortali.

Il 20 novembre del 1982, Riccobono avrebbe attirato in un tranello a Palermo “Totò” Minore e uomini vicini a lui, come Nicolò Miceli, Martino Buccellato e Vincenzo Palazzolo. Tutti e quattro vengono strangolati. Dato che però ha voltato le spalle ai suoi vecchi alleati, Totò Riina avrebbe deciso di liquidarlo.

Come è morto Rosario Riccobono

Rosario Riccobono e tre dei suoi uomini spariscono senza lasciare traccia il 30 novembre del 1982. Vengono attirati nella tenuta di Bernardo Brusca, a San Giuseppe Jato (Palermo) e strangolati. I cadaveri vengono poi privati dei vestiti e buttati in recipienti di acido, quindi sversati in un torrente che si trova lì vicino. Nello stesso giorno, a Palermo, vengono uccisi diversi associati di Riccobono, quindi pochi giorni dopo anche il fratello, Vito Riccobono. Vito viene trovato decapitato nella sua auto. La consorteria viene azzerata.

Al maxiprocesso di Palermo, Rosario Riccobono viene condannato all’ergastolo in contumacia, sebbene sia già morto. Già a metà degli anni Ottanta iniziano a circolare voci sulla sua morte, ma non trovano conferma fino al termine di quel decennio, in particolare grazie alle dichiarazioni di Francesco Marino Mannoia.

Maxiprocesso di Palermo è la denominazione che fu data, a livello giornalistico, a un processo penale celebrato a Palermo per crimini di mafia (ma il nome esatto dell’organizzazione criminale è Cosa nostra), tra cui omicidio, traffico di stupefacenti, estorsione, associazione mafiosa e altri.

Il maxiprocesso deve il suo nome alle grandi proporzioni. In primo grado, gli imputati sono 475, poi scesi a 460, con circa 200 avvocati difensori. Il processo di primo grado si conclude con pesanti condanne: 19 ergastoli e pene per un totale di 2665 anni di reclusione. Dopo un articolato iter processuale, sono quasi tutte confermate in Cassazione.

Il processo dura dal 19 febbraio del 1986, cioè dal giorno di inizio del processo di primo grado, fino al 30 gennaio del 1992, giorno in cui la Corte di Cassazione pronuncia la sentenza finale.  Spesso si parla di maxiprocesso solo in riferimento al processo di primo grado, durato fino al 16 dicembre 1987.

Il caso Caravaggio

Il nome di Rosario Riccobono, a un certo punto, sarebbe saltato fuori anche in relazione a una delle sparizioni di opere d’arte più celebri della storia: si crede, infatti, che fosse in possesso della Natività con i santi Lorenzo e Francesco d’Assisi di Caravaggio uno dei più famosi capolavori trafugati.

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