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Forse non tutti lo sanno, ma le fave hanno un significato simbolico molto forte e sentito in Sicilia. Si crede, infatti, che rappresentino un legame tra l’umanità e l’imperscrutabile. Cerchiamo di capire meglio perché.

A Castelbuono, nel Palermitano, durante la festa di San Giovanni Battista si consumano le fave, comprate con il denaro offerto dalla collettività. La tradizione di Castelbuono si ricollega alla memoria “profetica” di San Giovanni e aiuta a comprendere il mistero del collegamento tra il Santo e le fave. Per capire il significato più profondo attribuito alle face in Sicilia, bisogna andare molto indietro nel tempo.

Isidoro di Siviglia spiega che le fave sono state uno dei primi alimenti, ma che presto se ne ebbe timore. Pitagora, il filosofo di Samo, prima di stabilirsi in Magna Grecia aveva dimorato in Egitto, per apprendere le pratiche magiche e rituali dei sacerdoti del Nilo. Il filosofo aveva vietato agli allievi l’uso delle fave. Le fonti rivelano che egli non voleva saperne di questo legume.

Una spiegazione della ritrosia si trova nel De divinatione di Cicerone: “Viene fatto, giustamente, divieto di consumare fave, oltre i casi consentiti, per evitare che l’uomo sveli l’imperscrutabile con sogni divinatori”.

Le fave consumate in onore di San Giovanni, rappresentano un fatto raro. Sono, solitamente, il piatto dei giorni dedicati alla memoria dei defunti. Sull’isola si rinnova la tradizione romana, per la quale questo legume rappresentava il cibo tradizionale dei morti. I romani le consumavano lesse o in poltiglia (un’antica versione del macco), e le offrivano a Bacco e Mercurio.

Fonte: Salvatore Spoto, “Sicilia Segreta e Misteriosa”

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