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I “Beati Paoli” furono una setta segreta attiva in Sicilia e in particolare a Palermo già nel XII secolo. Nacque con l’obiettivo di vendicare i ceti meno abbienti dai torti perpetrati dai signori del tempo.

Sorto probabilmente con il nome di “Vendicosi”, questo gruppo di giustizieri agiva in Sicilia già nel periodo del governo normanno; molto poco si sa delle loro origini e delle loro azioni, infatti sono in molti a credere che la sua presenza sia del tutto infondata. Le imprese della setta si legano infatti soprattutto a storie e racconti della tradizione popolare che venivano tramandate per via orale; abbastanza certamente, le prime ipotesi su un origine effettiva e storica del noto séguito di vendicatori, risalgono solo all’Ottocento.

Le vicende più aspre si fanno risalire al Seicento, quando la Sicilia era sotto il potere dei signori, nobili di varia provenienza, che si spartirono il territorio della regione e lo suddivisero in feudi. All’interno delle loro intendenze, la brava gente subìva torti e soprusi di ogni genere, non solo di tipo economico, ma anche di tipo giudiziario; spesso infatti, per volere del regnante di turno, ai signori veniva garantita la possibilità di occuparsi non solo dell’amministrazione finanziaria dei propri territori ma anche di quella civile e penale.

Il feudalesimo in Sicilia non venne che abolito nel 1812, e fu infatti dunque fino a qui che risalgono le storie della leggendaria congrega.
Ai “Beati Paoli” vennero attribuite molte buone azioni, ed è per questo che il tentativo costante di attribuirne le origini della mafia, molto spesso non reggono, per quanto possa essere plausibile credere che anche Cosa nostra si sia evoluta nel tempo, come già accadde per il Nazionalsocialismo.
Molte le opere letterarie, cinematografiche e per la tivù che presero spunto dai racconti del mito popolare dei “Beati Paoli”; dapprima fu Vincenzo Linares che il 20 e 30 dicembre del 1836 decise di pubblicare un racconto dall’omonimo titolo, nelle pagine del periodico palermitano “Il Vapore”, seguito a ruota da Luigi Natoli, giornalista e studioso di cultura siciliana, che fece la fortuna con i feuilleton. Fu infatti proprio lui che tra il 1909 e il 1910 portò all’attenzione delle masse la storia della setta, con il suo romanzo a puntate “I Beati Paoli”.

Secondo Natoli, i membri della loggia si incontravano nella Palermo sotterranea dei qanat e dei cunicoli cristiani che si snodano sotto il quartiere del Capo, in particolare tra le cavità dell’antica necropoli sita tra la chiesa di Santa Maruzza e il vicolo degli Orfani.
Al libro di Natoli, in arte William Galt, si ispirò anche il regista Pino Grisanti che ne “Il ritorno di Cagliostro” ne fece una citazione; ma fu soprattutto il film di Pino Mercanti del 1948, dal titolo “I cavalieri dalle maschere nere”, a costituire la prima vera trasposizione cinematografica della setta della leggenda. La storia dei “Beati Paoli” venne poi ripresa nel 1975 dal mini-sceneggiato prodotto per la tivù, “L’amaro caso della baronessa di Carini”, del regista Daniele D’Anza.

Autore | Enrica Bartalotta

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