Sei su Telegram? Ti piacciono le nostre notizie? Segui il canale di SiciliaFan! Iscriviti, cliccando qui!
UNISCITI

Si studiano i vulcani siciliani

  • Nuovo studio sullo Stromboli, rivelate importanti novità.
  • La pubblicazione sulla rivista Science Advances.
  • Le emissioni di CO2 possono aiutare a “prevedere” le violente eruzioni.

I vulcani siciliani sono sempre sorvegliati speciali. I giganti del territorio, oltre a essere uno spettacolo della natura, sono fonte infinita di informazioni sul funzionamento del mondo che ci circonda. Un nuovo studio pubblicato su Science Advances ha rivelato come le emissioni di CO2 dai pennacchi vulcanici possano essere utilizzabili come precursori delle eruzioni. La ricerca è stata coordinata dal prof. Alessandro Aiuppa dell’Università di Palermo, in collaborazione con il Laboratorio di Geofisica Sperimentale dell’Università di Firenze, con l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Sezioni di Napoli e Bologna), e con le Università di Pisa e Torino.

Le eruzioni dello Stromboli

Come sappiamo, le eruzioni vulcaniche sono improvvise. La dinamica è costantemente oggetto di studio, poiché sfugge spesso al controllo preventivo delle reti di monitoraggio. I fenomeni, però, rappresentano anche un pericolo, specie nelle aree densamente abitate. In Italia, lo Stromboli e l’Etna sono esempi di vulcanismo attivo. In particolare, il primo, chiamato “Iddu”, si caratterizza per frequenti (alcuni eventi ogni ora) e deboli, ma spettacolari, esplosioni. Un vero e proprio richiamo per i turisti. Le esplosioni violente che interrompono questa attività, definite eruzioni parossistiche, si verificano tipicamente senza preavviso. Generano, in contemporanea, colonne eruttive di diversi chilometri di altezza, incendi e onde di tsunami, ricoprendo di cenere e lapilli i villaggi della costa.

Pur essendo in continua attività, e quindi con una colonna di magma molto vicina alla superficie, è stato dimostrato come le esplosioni più violente di Stromboli siano tuttavia legate alla risalita improvvisa di magma da diversi chilometri di profondità. Non è facile, dunque, interpretare in anticipo i segnali della risalita di questo magma. Gli unici messaggeri che legano l’ambiente profondo con le osservazioni che gli studiosi fanno in superficie sono i gas magmatici, che riescono a sfuggire dal magma e a raggiungere in anticipo la superficie stessa.

L’importanza dello studio dei vulcani

Attraverso l’analisi della composizione e il flusso dei gas vulcanici, analizzati sul vulcano siciliano mediante una rete multi-parametrica finanziata dal Dipartimento della Protezione Civile Nazionale, questa nuova ricerca è arrivata a importanti conclusioni. È stato dimostrato come i due ultimi parossismi verificatisi a Stromboli nel 2019 siano stati preceduti da incrementi rilevabili nel degassamento di anidride carbonica (CO2) dal pennacchio vulcanico, fino a settimane/mesi prima degli eventi esplosivi. Secondo gli esperti, dunque, il gas vulcanico, in particolare la CO2, gioca un ruolo chiave nelle dinamiche esplosive.

I periodi preparatori delle esplosioni sono anche caratterizzati da emissioni anomale di CO2, rilasciate dal magma ancora immagazzinato in profondità. «Tali cambiamenti – ha spiegato il professor Aiuppa – sono quindi utilizzabili come possibili precursori, e ad oggi vengono quotidianamente utilizzati per la valutazione dello stato di attività del vulcano ed integrati con il sistema di sorveglianza LGS che da anni opera a Stromboli e fornisce valutazioni sulla pericolosità vulcanica per il Dipartimento della Protezione Civile». Foto: Véronique Mergaux – Licenza.

Articoli correlati