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Avete mai sentito parlare del Còttabo? Era un gioco molto in voga presso i Greci e gli Etruschi, che tuttavia era nato in Sicilia. Noi lo conosciamo grazie alle descrizioni lasciateci dagli antichi, per le rappresentazioni vascolari e per alcuni esemplari dello strumento che serviva per giocarlo, anch’esso chiamato cottabo, rinvenuti negli scavi.

Era uno degli intrattenimenti ludici e meno intellettuali dei simposi. Lo scopo del gioco consisteva nel colpire un bersaglio, un piatto o un vaso, con il vino rimasto sul fondo della coppa. Generalmente il premio che spettava al vincitore era una mela, dei dolci, una coppa o il bacio della persona amata, cui era dedicato il lancio

Alceo e Anacreonte ne parlano già nel sec. VI a. C. e lo troviamo citato dagli scrittori dei secoli V e IV a. C. Si vede di frequente nelle scene di banchetto dipinte su vasi a figure rosse: esso era infatti il passatempo favorito della gioventù ateniese, specialmente durante i conviti.

La passione per questo gioco predominò nel suo paese di origine, la Sicilia. I siciliani si vantavano della loro abilità nel colpire il bersaglio del cottabo più che della perizia nel lancio del giavellotto, e giunsero al punto di costruire per questo gioco appositi locali rotondi.

I diversi tipi di Cottabo

Le fonti descrivono due tipi di cottabo:

  • Cottabo ἐν λεκάνῃ. La variante del κότταβος, detta δι’ ὀξυβάφων (di’ oxybáphôn) o ἐν λεκάνη (en lekánê) prevedeva, quale bersaglio, dei piccoli vasi galleggianti detti ὀξυβάφα (oxybápha) in un vaso più grande: il successo arrideva a chi riusciva a farne affondare il maggior numero colpendoli con il lancio del residuo libatorio.
  • Cottabo κατακτός. Consisteva essenzialmente nello scagliare le ultime gocce di vino (λάταξ làtax) rimaste nella coppa per colpire il piattello (πλάστιγξ plàstinx) collocato su un’asta in bronzo (rhàbdos kottabikè) alta circa 1,8 metri. A volte i piattelli erano posati in equilibrio precario e il successo consisteva nell’andare a segno con la goccia facendoli cadere gli uni sugli altri con un sonoro clangore. L’apparato descrittoci da Antifonte prevedeva che sulla sommità di un’asta verticale di lunghezza variabile venisse apposto in bilico il piattello-bersaglio. A mezz’asta, mantenuto da una ghiera o da un anello scorrevole, stava un disco più grande (μάνης mánes) a cui spettava il compito di ricevere fragorosamente il piattello caduto.

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