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01L'Opera dei Pupi è il caratteristico teatro epico popolare che ha come protagonisti particolari marionette che, impersonando personaggi come Carlo Magno, i suoi paladini ed altri, raccontano le gesta tratte dai poemi del ciclo carolingio. Il teatro dei Pupi (dal latino pupus, i, che significa bambinello), venuto probabilmente dalla Spagna del Don Chisciotte, operò a Napoli e a Roma, ma sopratutto, dalla prima metà dell’Ottocento, in Sicilia, dove ha raggiunto il suo massimo sviluppo e ha influenzato fortemente la cultura popolare.
L'opera, prima di allora, era tipica della tradizione orale siciliana dei cuntastori (da non confondere con i "cantastorie" che narravano fatti di cronaca).
Le marionette del Settecento venivano animate dall’alto per mezzo di una sottile asta metallica collegata alla testa attraverso uno snodo e per mezzo di più fili, che consentivano i movimenti delle braccia e delle gambe. In Sicilia, nella prima metà dell’Ottocento, le marionette furono trasformate in “pupi” da una geniale soluzione tecnica che fece in modo che l’asta di metallo per il movimento della testa non fosse più collegata ad essa tramite uno snodo, ma la attraversasse dall’interno e – cosa ben più importante – sostituì il sottile filo per l’animazione del braccio destro con la robusta asta di metallo, caratteristica del pupo siciliano. Questi nuovi espedienti tecnici consentirono di imprimere alle figure animate movimenti più rapidi, diretti e decisi, e perciò particolarmente efficaci per “imitare” sulla scena duelli e combattimenti, che tanta parte avevano nelle storie cavalleresche.
Esistono in Sicilia due differenti tradizioni, o “stili”, dell’Opera dei Pupi: quella palermitana, affermatasi nella capitale e diffusa nella parte occidentale dell’isola, e quella catanese (oggi continuata dai Fratelli Napoli), affermatasi nella città etnea e diffusa, a grandi linee, nella parte orientale dell’isola ed anche in Calabria. 
Le cronache raccontano che l’iniziatore dell’Opra a Catania fu don Gaetano Crimi (1807 – 1877), il quale aprì il suo primo teatro nel 1835.
Riccamente decorati e cesellati, con una struttura in legno, i pupi avevano delle vere e proprie corazze e variavano nei movimenti a seconda della scuola di appartenenza in palermitani o catanese. 
Le due tradizioni differiscono per dimensioni e peso dei pupi, per alcuni aspetti della meccanica e del sistema di manovra. La differenza più evidente stava nelle articolazioni: leggeri e snodabili i palermitani (comunque difficili da manovrare), più pesanti e con gli arti fissi i catanesi (ma più semplici da manovrare). Ma soprattutto per una diversa concezione teatrale e dello spettacolo, che ha fatto sì che nel catanese si affermasse un repertorio cavalleresco ben più ampio di quello palermitano e per molti aspetti diverso.
Il puparo, curava lo spettacolo, le sceneggiature, i pupi, e con un timbro di voce particolare riusciva a dare suggestioni, ardore e pathos alle scene epiche rappresentate. Le splendide armature cozzavano nei duelli nelle battaglie di paladini e crociati. I pupari, pur essendo molto spesso analfabeti, conoscevano a memoria opere come la Chanson de Roland, la Gerusalemme liberata e l'Orlando furioso.
Ogni pupo rappresentava tipicamente un preciso paladino, caratterizzato per la corazza ed il mantello e gli spettatori usavano parteggiare rumorosamente per l’uno o per l’altro.
Generalmente si contrapponevano, fra tutti, i sostenitori delle due figure più amate: Orlando e Rinaldo.
Le altre figure di rilievo erano Carlo Magno, Angelica, Gano di Maganza (il traditore), i saracini (saraceni):
Rodomonte, Mambrino, Ferraù, Agramante, Marsilio, Agricane.