L’olio è una delle eccellenze di Sicilia. Il territorio è ricco di cultivar strettamente connesse ai luoghi, alcune delle quali, purtroppo, sono a rischio di estinzione. La varietà di cui vi parliamo oggi è un’eccellenza da proteggere e tutelare: si chiama Vaddarica.
Le prime conoscenze su questa oliva sono state firmate da due pionieri dello studio dell’olivicoltura siciliana: Vincenzo Bottari e Paolo Spina. I due ricercatori della Stazione Sperimentale di Frutticultura e Agrumicultura di Acireale, pubblicarono un dossier nel 1952. Il testo, “Le varietà di olivo coltivate in Sicilia“, comprendeva l’individuazione e la descrizione di 19 cultivar nel territorio agricolo della regione. Di queste, alcune erano presenti a livello comprensoriale, altre come singole piante.
A queste ultime appartiene la cultivar di cui parliamo oggi, rintracciata nei territori tra Capo d’Orlando e Sant’Agata di Militello (Messina). Si trova ancora nei territori dei Nebrodi. Una delle zone in cui si riscontra con frequenza, frammista alla Minuta, è Mirto. Da qui il nome Vaddarica di Mirto. Si conosce anche come “Scarsitta”.
Le piante sono vigorose, con chiome compatte. I frutti hanno un peso che può superare i 4 grammi e sono di forma ellittica. Stessa forma per le foglie, di lunghezza e larghezza medie. La lamina è di colore verde chiaro, sia nella parte superiore che in quella inferiore. L’olio di Vaddarica è molto interessante, ecco perché.
Sebbene la resa sia nella media tra l’11 e il 15%, ci sono caratteristiche particolari sotto l’aspetto analitico e sensoriale. L’olio ha sentori di cicoria e finocchio selvatico. La produzione è precoce perché, nei territori costieri, le drupe maturano a settembre inoltrato.
Il comune di Mirto è tradizionalmente vocato all’olivicoltura. La Vaddarica di Mirto può rappresentare una cultivar di grande interesse, non solo per l’olio, ma anche per il consumo in tavola. Potrebbero prodursi olive nere o verdi, da utilizzare con diverse interpretazioni in cucina. Foto: Marco Verch – Licenza.