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Avete mai sentito chiamare qualcuno lapardeo? Il nostro viaggio alla scoperta della lingua siciliana ci porta oggi alla scoperta di un termine molto particolare, dalla storia interessante.

Quando si definisce qualcuno lapardeo, in pratica gli si sta dicendo che è uno scroccone o che fa piazza pulita di tutto ciò che trova su una tavola imbandita.

Questo termine deve le sue origini ai soldati austriaci, gli Hallabardier, che avevano appunto l’alabarda, tutt’altro che simpatici ai siciliani. Storicamente, siamo in un periodo di tempo compreso tra il 1720 e il 1734: l’isola passò da Vittorio Amedeo II a Carlo VI, per poi tornare ai Borbone.

I soldati austriaci divennero così i lapardei (o anche laparderi): quando entravano in un’osteria, mangiavano a scrocco, prendendo tutto ciò che volevano. In pratica campavano sulle spalle dei siciliani.

Ecco, dunque, un’altra interessante dimostrazione del fatto che la lingua siciliana è il risultato di una storia ricca e articolata, che ha visto dominazioni e popoli diversi. Cogliamo l’occasione per ricordarvi che il siciliano è una lingua a tutti gli effetti e non un dialetto.

Peraltro il siciliano non è una lingua che deriva dall’italiano, ma – al pari di questo – direttamente dal latino volgare, e costituì la prima lingua letteraria italiana, già nella prima metà del XIII secolo, nell’ambito della Scuola siciliana. Anche l’Unesco riconosce al siciliano lo status di lingua madre, motivo per cui i siciliani sono descritti come bilingui, e lo classifica tra le lingue europee “vulnerabili”

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