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È in cantiere l'ennesima modifica delle pensioni. Le ipotesi al vaglio si traducono in una pensione minima per i giovani precari, nell'aumento dell'età pensionabile e nelle agevolazioni per l'accesso all'Ape social per le donne impegnate nei lavori di cura. Se ne parlerà coi sindacati mercoledì 30 agosto. Al centro del confronto tra Cgil, Cisl, Uil e governo sulla 'fase due' del capitolo previdenza vi saranno, in particolare, le future pensioni delle giovani generazioni, penalizzate da crisi economica e carriere discontinue. A darne notizia è l'Adnkronos.

Tra le idee, come detto, una pensione di garanzia destinata ai nati dopo gli anni '80, con la previsione di un reddito minimo mettendo insieme la parte assistenziale e la parte previdenziale compatibilmente ai vincoli di bilancio. A ciò si collega un'altra misura attualmente allo studio del ministero dell'Economia, la possibilità di una riduzione stabile del cuneo previdenziale per le assunzioni a tempo indeterminato dei giovani under 35. L'operazione comporterebbe un taglio contributivo in busta paga per favorire l'occupazione. 

"La decontribuzione può essere uno strumento utile a condizione che sia interamente fiscalizzata", spiega il segretario confederale della Uil Domenico Proietti, in quanto "una mancata fiscalizzazione comporterebbe una riduzione permanente del 3% del trattamento pensionistico". Si tratta di una misura "impropria ed inefficace e sono fantasiose le previsioni dell'incremento occupazionale", sostiene invece il segretario nazionale Cgil Roberto Ghiselli, che aggiunge: "Noi siamo a favore dell'alleggerimento del costo del lavoro però vanno ridotte le tasse di aziende e lavoratori e non i contributi, perché così non si creano posti di lavoro e si determina uno scontro generazionale".

All'incontro di mercoledì è previsto anche un focus sulle donne e sulla possibilità di ridurre i requisiti contributivi necessari all'accesso all'Ape social – l'anticipo pensionistico previsto per le categorie socialmente deboli – per quelle impegnate nei lavori di cura. Ma secondo il segretario Cgil Ghiselli il lavoro di cura andrebbe riconosciuto dal punto di vista previdenziale a priori, "non limitando il ragionamento solo a coloro che possiedono i requisiti per l'Ape social". Altro tema è quello dell'età di pensionamento e dell'automatismo che partirà nel 2019, un'eventualità fortemente contestata dai sindacati. "L'automatismo va bloccato, si è raggiunto un livello insostenibile, non si può ragionare con i conti perché si parla di essere umani", sostiene la Cgil. Il prossimo adeguamento all'aspettativa di vita per l'accesso alla pensione andrebbe "congelato", ribadisce il segretario confederale della Uil, in quanto "alzare l'età pensionabile sarebbe una crudeltà perché porterebbe l'Italia ancora più distante rispetto alla media europea".

Attualmente negli stati Ue l'età legale media di accesso alla pensione, nel settore privato, per gli uomini è di 64 anni e 2 mesi, mentre per le donne è di 63 anni. Dunque, 2 anni e 5 mesi più bassa di quella degli uomini italiani (che vanno in pensione a 66 anni e 7 mesi) e 2 anni e 7 mesi più bassa delle donne italiane (65 anni e 7 mesi). L'ipotesi di aumentare ulteriormente l'età pensionabile viene quindi scartata dai sindacati, che invece propongono di diversificare l'aspettativa di vita dei lavoratori ragionando in base alla tipologia di lavoro e sui diversi lavori più o meno usuranti.