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È Bruno Ribadi il primo birrificio siciliano a entrare a far parte del Consorzio a tutela della birra artigianale Made in Italy. L’organizzazione garantisce l’origine delle materie prime, dal luppolo all’orzo, e la lavorazione artigianale contro la proliferazione di finte birre artigianali e l’omologazione dei grandi marchi mondiali. Si tratta del primo Consorzio Birra Italiana per la tutela e la promozione della birra artigianale italiana, che nasce all’avvio dell’estate, il periodo di massimo consumo della birra.

Lo scopo è valorizzare la filiera produttiva locale, creando un rapporto più solido tra la bevanda artigianale e le materie prime, tra i piccoli produttori di birra ed i coltivatori di orzo, luppolo e altre materie prime complementari.

Un Consorzio per la birra artigianale

Il Consorzio vuole promuovere, in Italia ed all’estero, la qualità delle materie prime e delle birre artigianali italiane, vero elemento di distinzione e di legame con il territorio italiano favorendo la coltivazione di orzo, dal quale si ricava il malto, e del luppolo, principali materie di base per la preparazione della popolare bevanda. Sostiene i birrifici nel reperimento di materia prima italiana, da filiera tracciata e garantita con gli associati che si impegnano a utilizzare nelle loro produzioni almeno il 51% di materia prima italiana.

Si tratta di un altro importante passo per la birra siciliana di Bruno Ribadi, che utilizza molti prodotti del territorio, come carrube, grani antichi, agrumi e sommacco. Durante lo scorso Vinitaly, la sua Sicilian Pale Ale è stata premiata.

Birra Artigianale: le caratteristiche

Il disciplinare del Consorzio per la tutela e la promozione della birra artigianale italiana si basa sulla definizione di “Birra Artigianale” stabilita per legge che indica in tre fattori cardine i criteri da rispettare da parte del birrificio:

  1. indipendenza del birrificio;
  2. limite di produzione stabilita in un massimo di 200.000 ettolitri all’anno;
  3. integrità del prodotto che non deve essere sottoposto a  processi di pastorizzazione o di microfiltrazione.

Il Consorzio vuole anche spingere verso una maggiore trasparenza dei menù nei ristoranti, pizzerie, bar o pub. Qui, troppo spesso, vengono chiamate birre artigianali alcuni prodotti che sfruttano nomi o indicazioni geografiche che fanno pensare a bevande artigianali Made in Italy ma che in realtà sono prodotte da colossi del settore a livello mondiale.

“Il movimento della birra artigianale italiana, nato attorno al 1996 – dichiara Teo Musso, Presidente del Consorzio Birra Italiana – ha prodotto, negli anni, un incredibile fermento che ha interessato più generazioni di imprenditori favorendone una crescita rilevante e concreta che ha coinvolto un importante indotto di aziende e forza lavoro. Stiamo vivendo oggi un momento molto delicato del suo sviluppo e consolidamento e mai più di oggi è necessario fare chiarezza sul concetto di birra artigianale e di birra artigianale da filiera agricola italiana. Rafforzare il concetto di italianità preferendo nella maggioranza degli ingredienti le materie prime nazionali, ritengo sia la via concreta per sostenere la differenziazione del prodotto e per consolidare la tradizione di una bevanda che deve essere considerata, prima di tutto, un frutto della terra. L’Italia è riconosciuta come un’eccellenza nella produzione agricola e i suoi prodotti, frutto di trasformazione, un’unicità dal grande valore”.

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