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La pensione per i nati negli anni '80 potrebbe essere una chimera. Addirittura, scrive l'Adnkronos, ci si potrebbe arrivare a 73,5 anni. Stefano Patriarca, consigliere economico della presidenza del Consiglio, durante il seminario del Pd "Non è una pensione per giovani – Rapporti tra generazioni e riforma del sistema previdenziale" dipinge uno scenario fosco. In tutto questo, fa capolino l'idea di una pensione contributiva minima di 650 euro mensili per chi ha 20 anni di contributi. 

La generazione dei nati dopo il 1980, nel 2050 potrà optare per tre soluzioni. La prima è l'accesso a una pensione contributiva anticipata a 66 anni e 5 mesi (se si matureranno 20 anni di contributi e un importo inferiore a 2,8 volte l'assegno sociale). La seconda opzione riguarda la pensione di vecchiaia: si dovranno maturare almeno 20 anni di contributi e avere un'età minima di 69 anni e mezzo. Inoltre dovranno aver maturato un valore di pensione non inferiore a 1,5 volte l'assegno sociale. La terza strada è quella della pensione posticipata, che scatterebbe a 73,5 anni (con un valore di pensione inferiore a 1,5 l'assegno sociale e meno di 20 anni di contributi).

"I lavoratori che si collocano integralmente nel sistema contributivo sono coloro che hanno contributi dal 1 gennaio 1996. La platea di riferimento può essere valutata attualmente attorno al 55-60% di tutti i lavoratori che si collocano tra i 40 e i 45 anni di età", spiega l'economista. In altre parole, i lavoratori più giovani sembrano essere i più svantaggiati, poiché hanno un sistema "sostanzialmente diverso da quello per il quale pagano attualmente i contributi". Quanto ai tassi di sostituzione del contributivo, ossia il rapporto tra la prima annualità della pensione e l'ultimo reddito annuo che precede il pensionamento, per un giovane che ha di fronte a sé una carriera "media" sono vicini a quelli del sistema contributivo. Ad esempio, se un giovane di 35 anni andasse in pensione attorno a 68 anni, il suo tasso di sostituzione sarebbe del 72% circa, "vicino a quello dell'attuale sistema contributivo che è del 75%". Inoltre, per chi è nato dopo il 1980 non sarebbe più prevista l'integrazione al minimo, ossia la prestazione riconosciuta a chi ha una pensione molto bassa e che per il 2017 equivale a circa 502 euro mensili.

"L'elemento più critico non è il tasso di sostituzione, equiparabile a quello delle pensioni nel sistema retributivo, ma l'innalzamento dell'età di godimento della pensione, ineluttabile in rapporto alle speranze di vita", sottolinea Patriarca. Soluzioni? Oltre alla revisione della pensione figurativa, è allo studio di un fondo di solidarietà "per sostenere le basse contribuzioni" e "colmare i vuoti contributivi". Patriarca cita anche la gestione dell'età di pensionamento e l'ipotesi dell'assegno minimo di 650 euro mensili per chi ha 20 anni di contributi.