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I protagonisti della leggenda del cavallo e del vescovo sono, manco a dirlo, un cavallo e un uomo capace di azioni terribili. Questo racconto chiama in causa l’amata Etna e anche Re Artù.

C’era un volta Enrico VI, un crudele imperatore che regnava in Sicilia. Enrico impose vescovi e dignitari a lui fedeli, tutti contraddistinti da crudeltà. Questi trascorrevano il tempo compiacendosi del dolore altri e, tra tutti, ne spiccava particolarmente uno: il Vescovo di Catania.

Era spietatissimo e amava solo il suo cavallo, che affidò a uno scudiero e due palafrenieri, per portarlo a passeggio sui sentieri dell’Etna. Il cavallo, però, si imbizzarrì e corse verso l’Etna. I due palafrenieri, stremati, tornarono a Catania, dove vennero decapitati, ma lo scudiero decise di seguire il cavallo.

L’animale si gettò in uno dei crateri del vulcano. Lo scudiero iniziò a piangere, disperato, ma all’improvviso si accorse di una presenza. Un uomo anziano, con la barba bianca, gli disse: «So bene perché piangi. Non versare altre lacrime e seguimi. Ti mostrerò dov’è andato a finire il cavallo che tu cerchi».

L’uomo lo portò, attraverso un passaggio segreto, in una splendida sala. Qui, su un trono d’oro, vi era Re Artù. Il Re gli mostrò il cavallo e disse: «Torna dal tuo vescovo e dì che sei stato alla corte di Re Artù. La sua crudeltà e la sua prepotenza, di cui è degno rappresentante del suo imperatore Enrico VI, hanno stancato persino la pazienza di Dio. Il cavallo gli sarà restituito soltanto se si presenterà al mio cospetto entro quattordici giorni. Non uno di più. Al quindicesimo giorno egli morirà».

Artù donò allo scudiero un mantello e una borsa piena di denari, tornò a Catania e tutti si fecero beffe di lui. Il Vescovo lo fece imprigionare e lui, per 14 giorni, continuò a raccontare sempre la stessa storia. Cavalieri e guardie, intanto, cercavano il cavallo sull’Etna, ma non facevano ritorno.

All’alba del quindicesimo giorno, il prelato sentenziò: «Tu sei uno stregone. Ti sei divertito a far sparire non solo il mio cavallo, ma anche i miei cavalieri e tutte le mie guardie. Non la forca o la decapitazione, ma il rogo!» Nel pronunciar tali parole, si issò in piedi, ma strabuzzando gli occhi fece una giravolta e cadde in terra morto. La profezia di Re Artù si era avverata. A Enrico VI non andò molto meglio, perché morti ad appena 32 anni.

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