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Il Piddiato (in siciliano “u Piddiatu”) è un formaggio di latte di pecora a pasta filata, tipico della provincia di Trapani, dagli aromi tipici dei pascoli siciliani. La sua storia è abbastanza particolare. Nasce, infatti, come riciclo dei formaggi da latte di pecora che non si potevano più utilizzare.

Questi venivano presi, rilavorati e rimpastati, creando il Piddiato. Il nome, che significa “impastato“, deriva proprio dalla doppia lavorazione e il mastello di legno in cui si effettua il rimpasto si chiama Piddiaturi.

Come abbiamo anticipato, è tipico del Trapanese, in particolare dei comuni di Calatafimi, Petrosino, Marsala, Partanna, Salemi, Santa Ninfa, Vita, Castelvetrano, Custonaci, San Vito Lo Capo e Castellammare del Golfo.

Viene realizzato con latte di pecora razza Valle del Belice e ha una pezzatura che varia da 1 a 5 chili. La forma è cilindrica schiacciata, con i lati curvi (un po’ come una focaccia). Il colore è bianco tendente al giallo paglierino.

Come si produce il Piddiato?

Il latte, proveniente da una o due mungiture, alla temperatura di circa 36 °C viene coagulato in tini di legno con l’ausilio di caglio d’agnello in pasta (in ragione di 80 grammi per cento litri di latte). Dopo circa quaranta minuti la cagliata viene rotta un attrezzo di legno chiamato rotula in piccoli frammenti e viene posta ad asciugare nelle fiscelle.

L’indomani la cagliata asciutta viene tagliata e fatta filare nella scotta calda all’interno di un mastello di legno. Questa è la fase di produzione caratteristica del Piddiatu che prevede appunto una doppia lavorazione della cagliata. Dopo la filatura utilizzando una tecnica tradizionale.

Il giorno successivo le fiscelle vengono messe in salamoia per un periodo che varia in funzione della pezzatura: dodici ore per chilogrammo per il prodotto da consumare fresco, ventiquattro per il prodotto destinato alla stagionatura.

Il Piddiato si stagiona in cantine fresche e ventilate. La stagionatura varia da un minimo di venti giorni fino a un massimo di dodici mesi.

Per produrlo sono necessari attrezzi particolari. La tina di legno in cui si raccoglie il latte, il bastone di legno (rotula) con cui si rompe la cagliata. Il graticcio di canne (cannara) su cui si mette a riposare la pasta.

Per il secondo reimpasto si usa il mastello di legno detto piddiaturi e infine le fiscelle di giunco o più spesso di plastica che danno la forma tipica. Ovviamente non manca la caldaia di rame stagnato o di acciaio scaldata con fuoco diretto a legna o più spesso a gas.

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