Conoscere la Sicilia

Ammuttunati, a Stricasali, Murati: le ricette che solo i siciliani possono capire

I piatti autenticamente Made in Sicily.

  • I nomi di ricette che solo i Siciliani possono capire.
  • Gli abitanti dell’Isola amano farsi riconoscere anche in cucina.
  • Ecco una serie di preparazioni tutte da scoprire (o riscoprire).

Regione che vai, ricette che trovi. Quando si parla di cucina, ogni luogo ha le sue irrinunciabili (e sacrosante tradizioni), che meritano di essere rispettate e tramandate da una generazione all’altra. I piatti sono espressione della cultura dei luoghi, quindi rispecchiano autenticamente l’anima di chi le prepara. La Sicilia vanta una gloriosa tradizione in tal senso, proponendo alcune preparazioni che mettono d’accordo proprio tutti. L’indiscutibile bontà dei cibi, spesso, viene presentata con denominazioni che non possono essere chiare a tutte. Si tratta di procedimenti che affondano le radici nel passato e che dunque, si traducono in nomi di ricette che solo i siciliani possono capire. Scopriamo insieme quali sono i più famosi.

Ricette che solo i Siciliani possono capire

  1. Quando si usa l’aggettivo “ammuttunato“, ci si riferisce a un cibo ripieno. Molto famose, ad esempio, sono le milinciani ammuttunati, cioè le melanzane ripiene, ma esistono anche i Peperoni (o “Pipi”) Ammuttunati.
  2. Se vi trovate di fronte ai polipetti murati o alla carne murata, non pensate che si tratti di architettura. Le ricette devono il nome al metodo di cottura, che viene fatto rigorosamente in pentola, senza aprire il coperchio.
  3. Se vi viene offerto del polpo a stricasali, accettatelo, perché è davvero buono. Non fatevi spaventare dal nome: viene preparato dentro grandi pentoloni, affettato con cura e servito così, semplicemente bollito e condito con sale e limone. Semplice e buono.
  4. Le alivi cunzati, invece, sono semplicemente delle olive “condite”, con olio e aromi vari. Un antipasto delizioso. Che dire, poi, del Pani Cunzatu, cioè pane imbottito? Il bello è che l’aggettivo “cunzato” è molto versatile, perché può adattarsi anche a una persona vestita con particolare cura!
  5. Vi capiterà spesso di sentire parlare di muddica atturrata, che altro non è che il pangrattato abbrustolito. L’antico formaggio dei poveri, che sostituiva un alimento molto più costoso.
  6. Sapete che la milza si può sposare? No, non nel senso letterale, ma solo in quello gastronomico. Il celebre pani ca meusa, infatti, può essere schietto o maritato, a seconda della presenza o meno del formaggio. Se vi chiedono come lo preferite, dunque, non pensate a una proposta di nozze!
  7. Le brioche siciliane, quelle più classiche, hanno il tuppo, proprio come lo chignon delle donne. Un modo molto pittoresco per chiamare l’ulteriore pallina di pasta che sovrasta la brioscia, un paninetto dolce davvero delizioso.
  8. Quando vi propongono un’insalata vastasa, non pensate a qualcosa du brutto! Sebbene il termine “vastaso” abbia effettivamente un valore dispregiativo (si intende come rozzo, volgare), quando si utilizza in cucina fa riferimento a un’insalatona estiva e freschissima, un piatto della tradizione contadina.
  9. Che dire, poi, del Canazzo? Il pensiero corre immediatamente a un quadrupede, magari un po’ malconcio, ma non si tratta affatto di questo! Si tratta, invece, di una ricetta facile e veloce per consumare le verdure di stagione in modo alternativo e soprattutto più leggero rispetto alla più nota caponata.
  10. Falsomagro, un nome una garanzia. Un piatto di carne ricco e saporito: un rotolo farcito di ogni ben di Dio, che si può cuocere nella salsa o servire anche in bianco.
  11. Agglassato di carne: sembra un dolce, ma non lo è! Il termine “aggrassatu” deriva dal francese “glasse”, cioè glassa. Mentre nella cucina d’oltralpe il termine si riferisce ai dolci ricoperti di glassa, nella cucina siciliana “aggrassare” vuol dire cuocere in tegame la carne insieme a cipolla e aromi.
  12. Chiudiamo con una prelibatezza: la pasta ‘ncasciata. E che sarà mai? Il nome fa riferimento alla cottura, che avviene dentro la teglia. “u ncaçiu” nel dialetto mistrettese è proprio il rivestire la casseruola con la brace.
Redazione