Sei su Telegram? Ti piacciono le nostre notizie? Segui il canale di SiciliaFan! Iscriviti, cliccando qui!
UNISCITI

Rocco Chinnici, chi è il magistrato siciliano ucciso da Cosa nostra. Biografia e carriera, la nascita del “pool antimafia” e la lotta contro la criminalità organizzata. L’omicidio e le indagini: quando è stato ucciso, chi è stato condannato per il suo delitto.

Rocco Chinnici

Rocco Chinnici nasce a Misilmeri, un paesino alle porte di Palermo, il 19 gennaio del 1925. Si forma a Palermo e completa gli studi negli anni della Seconda Guerra Mondiale. Consegue il diploma al Liceo Classico Umberto I, quindi si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza. Mentre frequenta l’università, per sostenere la famiglia nel Dopoguerra,  lavora come Procuratore presso l’Ufficio del Registro di Misilmeri.

Nel suo paese d’origine conosce Agata Passalacqua, professoressa che si trova lì per un incarico, che diviene presto sua moglie. Chinnici vince il concorso in Magistratura nel 1952 ed entra al Tribunale di Trapani per i due anni di uditorato. In seguito assume l’incarico alla Pretura di Partanna. In questo periodo nasce la primogenita Caterina Chinnici.

Durante questo incarico professionale è a diretto contatto con la cittadinanza ed esercita le sue doti umane e professionali, stabilendo con la popolazione una sintonia tale, da ritardare la partenza verso un ufficio giudiziario più grande. Nascono gli altri due figli, Elvira e Giovanni. Tutti lo chiamano “Lu Preturi” e diviene sempre più un punto di riferimento, anche solo per ricevere una parola di conforto, senza venire meno ai doveri della sua professione.

“Prima che io andassi via da Partanna – suole dire spesso con orgoglio e con ammirazione per quella cittadina che aveva colto il suo messaggio – gli unici reati erano qualche caso di abigeato (furto di bestiame) e di pascolo abusivo”. Nel 1966 decide di crescere professionalmente e lascia Partanna, per trasferirsi a Palermo.

Inizia dunque a occuparsi di delicati processi di mafia, tra cui, nel 1970, quello per la cosiddetta “Strage di viale Lazio”. Consegue nel 1975 la qualifica di magistrato di Corte d’Appello e riceve la nomina di Consigliere Istruttore Aggiunto. Quattro anni più tardi, nel 1979, diviene Consigliere Istruttore e inizia a dirigere da titolare l’ufficio in cui opera da 13 anni.

Pool Antimafia e contrasto a Cosa Nostra

In quello stesso anno muore Cesare Terranova, per mano di Cosa Nostra. L’anno seguente è ucciso Gaetano Costa.  È in questo drammatico contesto che Rocco Chinnici ha una intuizione che cambia il corso degli eventi. Comprendendo quando un giudice possa essere vulnerabile perché, qualora venisse ucciso, sarebbero vani anche i risultati delle sue indagini, crea nel suo ufficio alcuni gruppi di lavoro, dando forma a quello che verrà definito “Pool antimafia“.

Vuole accanto a sé, tra gli altri, anche Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e con loro getta le basi per le prime indagini che portano ai più importanti processi di mafia degli anni Ottanta. Per tutti il “Rapporto dei 162” è il nucleo primordiale del futuro Maxi-Processo.

L’Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo, sotto la guida di Chinnici, diventa un esempio di efficiente organizzazione giudiziaria. “Un mio orgoglio particolare è una dichiarazione degli investigatori americani secondo cui l’Ufficio Istruzione di Palermo è un centro pilota della lotta antimafia, un esempio per le altre magistrature d’Italia. I magistrati dell’Ufficio Istruzione sono un gruppo compatto, attivo e battagliero”, commenta Chinnici.

L’attività del magistrato, però, non si esaurisce nell’aula giudiziaria. Memore del contatto con la gente che ha caratterizzato il lavoro a Partanna, lavora per sensibilizzare in senso antimafioso l’opinione pubblica e le istituzioni. Nel periodo in cui l’eroina miete troppe vittime, si rivolge ai giovani in numerosi incontri nelle scuole.

Omicidio Chinnici

Nel pieno di questa sua attività professionale, ma anche sociale, viene ucciso da Cosa Nostra. Il 29 luglio del 1983, mentre si accinge a salire sull’autovettura di servizio, ferma davanti la sua abitazione, in via Giuseppe Pipitone Federico a Palermo, l’esplosione causata da una 126 radiocomandata imbottita di tritolo, lo travolge. Si tratta della prima autobomba che, oltre a porre fine alla vita del giudice, inasprisce le modalità violente della mafia.

Insieme al Magistrato perdono la vita il portiere dello stabile Stefano Li Sacchi e i due carabinieri della scorta, Salvatore Bartolotta e Mario Trapassi. La salma di Chinnici riposa presso il cimitero comunale di Misilmeri, suo paese natale.

Nel 2002 la Corte d’assise di Caltanissetta, dopo un iter processuale durato quasi vent’anni, condanna all’ergastolo come mandanti dell’attentato i vertici della “Cupola” mafiosa (Salvatore Riina, Bernardo Provenzano, Raffaele Ganci, Antonino Geraci, Giuseppe Calò, Francesco Madonia, Salvatore Buscemi, Salvatore Montalto, Matteo Motisi, Giuseppe Farinella).

Come esecutori materiali, ricevono la condanna Antonino Madonia, Calogero Ganci, Stefano Ganci, Vincenzo Galatolo, Giovanni Brusca, Giuseppe Giacomo Gambino, Giovan Battista Ferrante, Francesco Paolo Anzelmo.

Foto: Fondazione Rocco Chinnici.

Articoli correlati